No, non è un modo di dire: scegliere frutta verdura e pesce di stagione fa bene non solo all’ambiente ma anche alla nostra salute. Gli alimenti raccolti nel momento giusto hanno molti più nutrienti importanti per il nostro organismo, costano meno a noi consumatori e soprattutto richiedono meno energia per produrli, stoccarli e trasportarli.
Ne abbiamo parlato con Lelio Morricone, Responsabile del Servizio di Diabetologia e Malattie Metaboliche all’Istituto Clinico Sant’Ambrogio di Milano e Professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Scienza dell’Alimentazione all’Università degli Studi di Milano.
Partiamo dall’inizio: quanta frutta e verdura dovremmo mangiare?
“Le linee guida, per esempio quelle dell’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandano di consumare almeno 5 porzioni giornaliere di frutta e verdura, che consistono in 400 grammi totali al giorno. Per “porzione” si intende frutto intero (per esempio una mela) o 2-3 piccoli (come le albicocche), oppure un piatto di insalata di almeno 50 grammi, un bicchiere di spremuta o un centrifugato. Insomma, fra colazione, pasti e spuntini si può fare. “I motivi sono numerosi, a partire dal fatto che avremmo bisogno di assumere 30 grammi circa di fibre al giorno, contenute in grandi quantità nei vegetali, e poi perché frutta e verdura possono rifornire il nostro corpo di oligoelementi, vitamine, sali minerali e antiossidanti di cui necessita.”
Perché sono da preferire la frutta e la verdura di stagione?
“È molto semplice: perché contengono maggiori quantità di queste sostanze importanti, dal momento che gli alimenti di stagione vengono colti nel momento giusto, ovvero di massima maturazione, quando hanno avuto il tempo di raccogliere tutte le sostanze utili. Inoltre per coltivarli sono necessari meno fertilizzanti e trattamenti, e un minor dispendio di energia per esempio per riscaldare le serre”.
La questione dell’energia è in primo piano oggi.
“Esatto: sappiamo bene che l’impronta ecologica di un chilogrammo di carne è molto maggiore di quella di un chilogrammo di pomodori.” Un recente studio pubblicato su Science ha stimato che mangiando un hamburger di carne da 75 grammi al giorno, si emettono in un anno 2.820 kg di gas serra, come percorrere in auto 11.000 km, riscaldare una casa per 447 giorni e un consumo di 31 campi da tennis l’anno. Il pomodoro, per contro, se mangiato ogni giorno produce 60 kg di gas serra, pari a 250 km percorsi in auto, a 9 giorni di riscaldamento. “Tuttavia, la minore impronta ecologica non è sufficiente come indicatore di “buona condotta” per noi consumatori. Ci sono alimenti vegetali che ci costano moltissimo in termini energetici, sia perché li vogliamo colorati e disponibili tutto l’anno, pensiamo ad esempio alle fragole, ma anche perché spesso vengono da molto lontano. È vero che nel tempo alcune varietà di frutta tradizionalmente non mediterranea hanno iniziato a essere coltivate con successo anche qui, come le banane in Sicilia, ma sono eccezioni, e diciamocelo: si può vivere bene in salute anche senza la frutta esotica, anche perché le proprietà di certi frutti si trovano anche in alimenti italiani. Spesso non si sa bene dove finisce l’evidenza scientifica e inizia la moda.”
Ma la stagionalità di un prodotto è uguale in tutta Italia?
“Assolutamente no. Il nostro paese, estendendosi a diverse latitudini, presenta stagionalità diverse. In Sicilia per esempio si possono avere anche tre raccolte di pomodori in una stagione, e quindi trovare prodotti freschi anche in autunno, cosa che nel nord Italia è più difficile. Ogni regione poi ha le sue specialità a chilometro zero, che andrebbero conosciute, mentre spesso le persone non sono davvero consapevoli di che cosa mangiare ogni mese.”
In autunno-inverno per esempio è periodo di darci alla pazza gioia green con tutta la famiglia dei broccoli e dei cavolfiori, (cavoli, cavolini di Bruxelles) ma è anche tempo di zucche, peperoni, bietole, cicorie, patate, porri, spinaci, carciofi, cardi. Ci sono anche ottime insalate invernali come il radicchio trevigiano, di Verona o di Castelfranco. Per quanto riguarda la frutta troviamo arance, mandarini, mandaranci, clementine, pompelmi, cedri, kiwi, limoni, pere, mele e melograni.
Con la primavera invece si iniziano ad assaporare i primi asparagi, la nota “barba di frate” (gli agretti), i carciofi, le carote, le puntarelle, e le insalate primaverili come cicorie, tarassaco, papavero, grumolo, valerianella. Verso aprile o maggio iniziano a comparire ciliegie, fragole, e con l’avvicinarsi dell’estate le prime albicocche, le susine e le pesche. L’estate infine è tempo di colori: zucchine, melanzane, peperoni, pomodori, cetrioli, cicorie, fave, ceci, lenticchie, fagioli, piselli, fagiolini, rapanelli, carote e bietole. Per quanto riguarda la frutta si aggiungono meloni, anguria, fichi, lamponi, more, ribes, mirtilli e le pere, che ci accompagnano verso l’autunno, insieme alla prima uva.
Senza contare gli sprechi.
“Il mio motto è sempre “meglio poco cibo che cibo da poco”. Si stima che lo spreco di cibo a monte nella grande distribuzione in Italia, cioè da mettere in conto nel momento stesso in cui un prodotto sale su un camion per essere distribuito, vari dal 40% al 60%. Come dire che su dieci mele appena raccolte, sappiamo già che mediamente la metà non sarà venduta. In filiere di altro tipo, come le cosiddette filiere corte o acquistando direttamente dai produttori senza intermediari, lo spreco si riduce al 5% al 10%. Un bel salto. Ampliando lo sguardo, la FAO stima che oltre un terzo del cibo prodotto al mondo vada perso.
Invece il pesce?
“Nel Mediterraneo abbiamo (ma non solo) il famoso pesce azzurro, ricco di Omega 3. Anche per il pesce esiste una stagionalità, legata al periodo di riproduzione delle specie, durante il quale non dovremmo avvicinarci a loro, anche se ci sono varietà come l’orata e il branzino che non hanno stagionalità. L’acciuga , la triglia e gli sgombri, invece, molto comuni sulle nostre tavole, ce l’hanno eccome. Andrebbero consumati freschi intorno a febbraio-marzo, mentre i crostacei e i frutti di mare sono prettamente estivi. Per il pesce però c’è anche un’altra questione, l’allevamento: oggi molto del pesce che troviamo in commercio è allevato, cioè nutrito a mangimi e quindi costa meno. Per quanto riguarda invece i metalli pesanti, si ha più timore di quanto effettivamente dovremmo averne, nel senso che al momento non ci sono studi scientifici che mostrano un aumento del rischio di certe malattie in relazione al consumo di pesce di grossa taglia per questo aspetto. Quanto parliamo di alimentazione, non dobbiamo buttare il bambino con l’acqua sporca”.
Fonte: oggiscienza.it